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Biblioteca Palatina
Conosciuta in passato coi nomi più diversi (già Reale Biblioteca Parmense, Biblioteca Nazionale, Bibliothèque Imperiale, Bibliothèque de la Ville de Parme, Biblioteca Ducale, Biblioteca Nazionale), la Biblioteca Palatina deve il suo attuale nome all’Apollo Palatino, richiamato in un verso di Orazio (Scripta Palatinus quaecumque recepit Apollo) presente nell’ex-libris della famiglia ducale.
La sua fondazione fu voluta fortemente dal duca Ferdinando di Borbone, per ovviare alla grave mancanza di una collezione libraria in città, dal momento che suo zio Carlo, una volta eletto Re di Napoli, aveva trasferito l’intera libreria farnese nella città partenopea nel 1736.
La costituzione della biblioteca fu affidata al torinese Paolo Maria Paciurdi, il quale si trovava a Parma già dal 1762. Dal momento che non esisteva una raccolta libraria, il Paciurdi tentò più volte di acquistare raccolte già costituite, trovando, tuttavia, sempre la ferma opposizione dei vari proprietari. Costretto ad acquistare i libri da zero, si concentrò sui sei classi principali Teologia, Nomologia, Filosofia, Istoria, Filogia e Arti liberali e meccaniche, affidandosi a cataloghi editoriali e antiquaria, alle sue conoscenze bibliografiche e alla sua vasta rete di amicizie formatasi nei suoi viaggi tra Francia e Italia.
La parte architettonica, invece, fu affidata all’architetto di corte Ennemond Petitot, che disegnò le eleganti librerie a tema arboreo della galleria, la parte più antica. L’inaugurazione avvenne nel maggio del 1769, alla presenza dell’imperatore d’Austria Giuseppe II. Una grande novità introdotta dal Paciurdi fu l’uso di un sistema innovativo di catalogazione: al posto di uno statico registro, a Parma, prima biblioteca al mondo, fu utilizzato un sistema di schede mobili con segnato l’autore, titolo, note tipografiche e bibliografiche.
Nel corso del tempo la biblioteca si ingrandì, con l’aggiunta di nuove sale. La sala di lettura dedicata a Maria Luigia ospita un busto della sovrana scolpito da Antonio Canova; la sala dantesca è affrescata con scene della Divina Commedia, opera databile tra il 1843 e il 1857 di Francesco Scaramuzza.
Distrutta dai bombardamenti della seconda guerra mondiale e fedelmente ricostruita, oggi ospita oltre 600.000 volumi, 5.000 manoscritti, 3.000 incunabili e addirittura alcune cinquecentine.
