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Teatro Regio
Strada Garibaldi 16
Il Teatro Regio di Parma è uno delle testimonianze più chiare del buon governo operato dalla duchessa Maria Luigia d’Asburgo-Lorena. Costruito nel 1821, su ferma volontà della duchessa, grande amante della musica, costò l’astronomica cifra di 1.190.000 lire: nonostante l’alta cifra spesa per la sua realizzazione, la duchessa volle che mantenere prezzi bassi per i biglietti, per consentire a tutta la cittadinanza di assistere alle opere. La sua inaugurazione avvenne nel 1829, con la Zaira di Vincenzo Bellini, su libretto di Felice Romani.
Il teatro è un edificio di stampo neoclassico, progettato dall’architetto di corte Nicola Bettoli, il quale si ispirò al Teatro della Scala, e fu costruito al posto dell’antico convento di Sant’Alessandro, chiuso dai francesi nel 1811. L’esterno si presenta sobrio, appena movimentato dal porticato ionico e la finestra semicircolare poggiante sulla cornice. L’interno, al contrario, mostra una ricchezza senza eguali. Nel Foyer prosegue il tema ionico dell’esterno, con colonne che sostengono il soffitto cassettonato. Nel pavimento si vedono ancora le botole da cui si propagava il riscaldamento nel XIX secolo. Il Ridotto, a cui si accede sia dal foyer tramite una scala, sia dal terzo ordine di palchi, è una elegante sala riccamente decorata, ed era qui che si trovava il trono di Maria Luigia quando veniva in teatro.
La sala con platea è suddivisa in quattro ordini di palco e loggione. Dal soffitto, affrescato da Giambattista Borghesi con i Padri dell’arte drammatica, pende l’immenso astrolampo, il grande lampadario realizzato dalle officine Lacarriére di Parigi, dal peso di 1.100 chili, alimentato fin dal 1890 ad energia elettrica. L’aspetto della sala, tuttavia, differisce da quello originale, in quanto nel 1853 fu rivestito di velluti, stucchi e dorature da Girolamo Magnani, su ordine Carlo III di Borbone, penultimo duca di Parma.
Il teatro conserva ancora molti dei macchinari originali, con cui si riproducevano gli effetti speciali nel corso del XIX secolo.

